Ho detto NO! Dire e sostenere i NO nel processo educativo dei propri figli.
I “NO” che diciamo ai nostri figli spesso sono difficili da dire e sostenere, ma ricordatevi che un NO corrisponde all’ amore, perché è il limite sicuro in cui i bambini troveranno sempre protezione, accoglienza e comprensione.
“Quando la mamma mi dice di no io divento tutto rosso e la mia pancia inizia a fare avanti e indietro velocemente! Respiro così forte che la mia testa inizia a farmi male e voglio subito piangere! A me non piace quando la mamma mi dice di no! Se voglio fare una cosa, la voglio fare!” A. 9 anni.
Le parole di A. sono emerse dopo un incontro sulle emozioni.
Definito come un bambino incapace di reggere la frustrazione è riuscito a rielaborare le sue sensazioni: fisico e mente nel suo caso gli hanno donato, per l’emozione della rabbia, dei messaggi molto precisi.
Al contempo, i genitori di A. quando “tentavano” di dire NO al figlio, lasciavano trasparire con i loro gesti e con la loro voce, dei messaggi contrastanti e confusionari, che il bambino non riusciva a decodificare in modo chiaro.
Dunque, chi, in questo triangolo, non riusciva a reggere la frustrazione? I no servono a crescere, continuiamo a sentire questa frase, ma fanno crescere chi?
QUANDO IL GENITORE DICE DI NO
Asha Phillips nel suo libro “I no che aiutano a crescere” afferma che il rifiuto e il conflitto sono una delle caratteristiche fondamentali del rapporto tra genitori e figli e che saper dire di no al momento opportuno serve al bambino per comprendere i concetti di giusto/sbagliato o bene/male.
Ciò su cui vorrei soffermarmi però, non sono sole le emozioni vissute dai bambini di fronte ad un rifiuto, ma vorrei dirvi che se nel dire di no vi sentite in colpa, provate tristezza o sentite molta rabbia e frustrazione, ecco, tutto questo è normale!
Cari genitori e care mamme,che spesso si ritrovano a fare la parte delle “cattive di casa”, ricordate che prima di essere genitori siete persone e che prima di tutto siete stati figli e figlie.
Durante alcuni colloqui svolti con diverse mamme, una delle domande più frequenti che mi viene posta è: “ Ma quanto devo tenere il no?” come se si trattasse di una lotta per il potere.
Gran parte di loro rimangono deluse quando la mia risposta risiede in una domanda: “Quanto credi nel no che dici?” Perché dobbiamo ricordarci questo, che i primi a dover credere nelle ragioni di quel no detto, dobbiamo essere noi adulti. Solitamente di fronte a questa mia non-risposta si aprono scenari emotivi incredibili, vortici di emozioni che sono difficili da gestire, perché riportano tutte le fatiche dell’essere genitori in quest’epoca moderna.
Ogni nucleo familiare con cui sono entrata in relazione possiede valori, idee e credenze su cosa sia esatto fare con i propri figli e come sia giusto educarli. Il problema si presenta quando questi valori vengono rotti a causa di un senso di inadeguatezza. Riporterò qui di seguito un esempio per farvi comprendere al meglio di cosa sto parlando: L. e M. sono una giovane coppia che discute davanti a me sul tema dello smartphone. Il bambino ha 7 anni e frequenta una classe in cui la maggior parte dei bambini possiedono quest’oggetto.
Madre e padre sono convinti che il cellulare all’età di 7 anni non serva, poiché preferiscono che il bambino si dedichi ad altro; allo stesso tempo però, il fatto di essere diversi dagli altri genitori li fa sentire inadeguati: “Magari siamo noi che siamo abituati al vecchio stampo e non capiamo!…” dice la mamma. L. che invece sembra molto arrabbiato per questa situazione dice: “Un cellulare in mano a un bambino di 7 anni è inutile!” “E allora perché tutti i compagni ne hanno uno?” “Perché sono ignoranti!”
Volete sapere se alla fine hanno comprato il cellulare o meno al bambino che presentava questa richiesta con molta insistenza? La risposta è NO.
Il cellulare è rimasto al negozio e hanno scelto la strada più difficile, quella di essere diversi ed allo stesso tempo coerenti. L. e M. hanno affrontato il loro problema e sono giunti ad una conclusione in comune accordo. La tematica della condivisione del no tra madre e padre è molto importante, poiché entrambi passeranno lo stesso messaggio al bambino. Vedere i genitori compatti di fronte ad una richiesta, farà capirà al bambino che la sua richiesta non potrà essere accolta e che nessuno dei due è buono o cattivo.
Essere uniti nella condivisione delle regole, delle scelte e dei divieti o permessi non è qualcosa di così scontato, anche perché ricordate che i nuclei familiari non si fermano a: mamma, papà e bambino.
Dei nuclei familiari fanno parte i nonni, gli zii, i cugini e in alcuni casi amici di famiglia che intervengono, anche se inconsciamente a volte, nella vita educativa dei nostri figli. In un panorama ideale, tutti gli attori facenti parte di questa vita educativa, condividerebbero le loro idee e insieme deciderebbero cosa è meglio fare o dire di fronte alle richieste dei bambini, ma il panorama non è quasi mai ideale. Spesso il contorno extra-familiare, seppur sicuro, è un luogo per il bambino dove sperimentare la trasgressività e comprendere quanto può ottenere da presone differenti. Smettiamola di pensare che i bambini siano innocenti: i bambini sono opportunisti. Desiderano essere gratificati e quando trovano un contesto dove la gratificazione è immediata e facilmente raggiungibile non tarderanno nel farcelo notare: “La nonna però me lo fa fare!”
COSA POSSONO FARE I GENITORI?
Quello che sto per dire sembra semplice e banale ma, CREDETE NEI NO che pronunciate. Credete nei vostri valori educativi e fidatevi del vostro istinto. Non ci sarà mai la risposta corretta alle richieste che via via i vostri figli vi faranno, ma non mostratevi titubanti. Cercate di essere guide sicure senza pensare continuamente che qualcuno sappia fare meglio di voi. Con umiltà ascoltate i consigli di chi conosce i vostri figli, ponetevi in una posizione di apprendimento mentale e cercate di ascoltare le opinioni degli altri senza percepirle come critiche. Confrontatevi e siate aperti al dialogo.
Leggi anche-> “Saper dire di No ai bambini e restare calmi”
I BAMBINI COSA PROVANO QUANDO SI DICE DI NO?
Molti bambini come A. provano sensazioni di rabbia: la frustrazione nasce dal fatto che il desiderio non viene gratificato e di conseguenza sento di non essere compreso.
I sentimenti di rabbia poi si trasformano in tristezza e in seguito potrebbero mutare in domande insistenti. D’altro canto, da come un bambino reagisce ad un no, è possibile comprendere quale temperamento ha e possiamo anche capire cosa aspettarci per il futuro.
Bambini molto remissivi, ad esempio, potrebbero essere adulti incapaci di affermare la propria volontà.
Ci sono dunque dei modi per aiutare i bambini ad accettare le regole i no? Possiamo aiutarli ad accettare la rabbia che sentono e a rielaborarla?
Un buon metodo potrebbe essere quello di creare uno spazio di decompressione in casa: quando il bambino prova emozioni negative sarebbe utile lasciarlo un po’ di tempo in autonomia in un luogo in cui si senta sicuro e in cui possa sfogarsi. Qualche cuscino, un piccolo nascondiglio, un oggetto sicuro, gli permetteranno di vivere la propria rabbia in uno spazio accogliente senza sentirsi giudicato.
Sarà lui a venire a cercarvi quando sarà pronto per parlare o per essere consolato. Voi, nel frattempo, potete continuare a rimandare questo messaggio: “Mamma e papà sono qui che ti aspettano per parlare con te quando sarai calmo e pronto!”
Leggi anche -> “Dire NO ai bambini aiuta a crescere” da Uppa.
I “NO” NON DOVREBBERO MAI ESSERE DELLE IMPOSIZIONI
La classica risposta: “No, perché lo dico io!”è una risposta poco chiara.
Il bambino vi sta chiedendo perché il suo desiderio non può essere gratificato, vi sta chiedendo di spiegargli, in quel momento inconsciamente, i concetti di giusto e sbagliato. Il perché vuole saperlo davvero e voi una spiegazione dovete dargliela: chiara, semplice, senza troppe parole.. non lasciate mai passare però il messaggio: “Ti dico di no perché sono più grande di te!”
Dovete sempre immaginare che l’adulto è il confine del bambino. Ha braccia sicure per accoglierlo e un viso in cui rispecchiare le sue emozioni.
Essere figli non è un mestiere facile e allora oggi vi chiedo di portare con voi questo messaggio: provate a crescere insieme.
Aiutate i vostri figli a comprendere che devono fare uno sforzo per accettare le regole, sacrificare qualche piccolo pezzettino di sé per imparare a scendere a compromessi. Insegnate loro a non arrivare sempre primi ma a fare parte di un gruppo, che solo così le cose si raggiungono con meno fatica. Fatevi insegnare dai vostri figli ad essere ancora un po’ bambini, a rimanerci male per le piccole cose che poi sono quelle che più contano.

Mi chiamo Irene, sono un’educatrice e pedagogista.
Per 5 anni l’Università degli Studi Milano Bicocca mi ha ispirata ed ospitata tra lezioni, laboratori ed esami, un percorso universitario il mio, che aiuta ad aprire il pensiero verso nuovi orizzonti.
Lavoro da quattro anni come educatrice presso scuole medie, elementari e centri aggregativi, dove ho lavorato accanto a minori con differenti patologie e diagnosi: disturbi specifici dell’apprendimento, disturbi psichici, disabilità fisiche e autismo.
Ho svolto servizi di assistenza domiciliare minori presso famiglie che vivono situazioni di grave difficoltà sociale e psicologica. Da un anno lavoro come pedagogista presso asili nidi e studi privati dove svolgo servizi di consulenza pedagogica e sostegno alla genitorialità.
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