Cin cin! Come preparare la Kombucha in casa, in attesa dell’estate
Piove o non piove? L’estate è ancora incerta, ma giugno è arrivato e prima o poi ci troveremo accaldati e assetati: meglio farsi trovare pronti allora, con il frigo ben fornito di drink dissetanti. Ma non parlo di quelle industriali, piene di zucchero, o alla birra – anche se, da brava fermentatrice, di certo non la disdegno! Mi riferisco alla Kombucha, una bevanda fermentata solitamente a base di tè che ha fatto la sua comparsa ormai da qualche anno nei supermercati bio anche in Italia. Sapevi che si può produrre in casa? Oggi ti racconto come e perché.
Cos’è la kombucha
La (o il) kombucha è un tè dolce fermentato da una comunità di organismi che lo trasformano in una bevanda tonica, vagamente simile al sidro di mele. Viene prodotto da una madre, o SCOBY (ovvero Symbiotic Colony of Bacteria and Yeast, colonia simbiotica di batteri e lievito), che prende la forma di un disco gommoso e galleggia sulla superficie man mano che la bevanda fermenta. Lo SCOBY, erroneamente chiamato “fungo” da alcuni, contiene una simbiosi di Acetobatteri (batteri acetici e lieviti), per lo più Brettanomyces bruxellensis, Candida stellata, Schizosaccharomyces pombe, Torulaspora delbrueckii, Aaccharomyces boulardii e Zygosaccharomyces bailii.
Anche se la fermentazione parte dal tè, quindi, non è tè, ma una bevanda probiotica data dalla fermentazione di tè, zucchero e lieviti e batteri.
Come in altre bevande fermentate, il lievito consuma lo zucchero e produce anidride carbonica e alcol (circa lo 0,5%, tanto da essere legalmente considerata analcolica: meglio però non darlo ai bambini e a chi non può assumere alcol).
Le prime testimonianze del Kombucha risalgono alla dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C), in Cina. Come lo yogurt è stato scoperto, durante secolo scorso, nell’Est Europa; è però negli Stati Uniti che ha cominciato a diffondersi, a partire dagli anni Novanta, e che ha raggiunto una enorme popolarità. Questo perché alla kombucha si attribuiscono molte proprietà salutari e addirittura terapeutiche (addirittura qualcuno aveva diffuso in rete la diceria secondo cui potesse curare l’AIDS). Attenzione: non esiste una panacea di tutti i mali e certamente la kombucha non fa eccezione. Meglio diffidare di chi grida al miracolo, sempre e comunque! 😉
È certamente vero però che contiene batteri acetici e lieviti in grandissima varietà, oltre ad alcuni acidi organici molto utili per il nostro metabolismo. Dopo la fermentazione il kombucha diventa una bevanda gassata e contiene aceto, vitamine del gruppo B, enzimi, probiotici e un’alta concentrazione di acido (acetico, gluconico e lattico).
La fermentazione acetica
Il tipo di fermentazione che avviene è lo stesso impiegato per la produzione di aceto, e, anche se non voluta, può essere una componente della fase di degradazione di un alimento: parliamo quindi di fermentazione acetica (aerobica). In realtà, dal punto di vista chimico non è una vera e propria fermentazione ma un’ossidazione dell’etanolo dovuta ai batteri acetici, microorganismi aerobici che appunto trasformano l’etanolo in acido acetico sfruttando l’ossigeno.
Di fatto, il procedimento per produrre la kombucha e quello per produrre l’aceto sono molto simili, e se ti è capitato di auto produrre quest’ultimo te ne accorgerai subito! Anche il leggero retrogusto di aceto tipico della bevanda è dovuto proprio alla presenza di questi batteri, che la rendono molto ricca e interessante anche dal punto di vista organolettico.
Come fare la kombucha in casa
Produrre in casa propria la kombucha non è difficile, anche se si tratta di una fermentazione un po’ più delicata di quella lattica (che interviene per esempio nel kefir o nelle verdure lacto fermentate).
Gli ingredienti di cui avrai bisogno sono:
- tè: puoi usare quello che preferisci, sperimentando anche con infusi di erbe aromatiche (io personalmente adoro quello di rosmarino) o estratti di frutta e verdura
- zucchero di canna integrale (evita il miele perché in quel caso produrresti un’altra bevanda, lo Jun): te ne servono 70g per litro
- SCOBY: puoi procurartelo da chi già produce il kombucha, oppure crearlo da zero lasciando della kombucha a temperatura ambiente per qualche tempo. Dopo circa una settimana comincerà a formarsi una pellicola in superficie, quella è la madre!
- kombucha vecchia per aiutare la fermentazione
Il tempo di fermentazione è di circa 9 giorni (8 giorni in piena estate). La temperatura ideale è tra i 24° e i 30°.
Gli attrezzi necessari:
- un vaso di vetro per la prima fermentazione
- alcune bottiglie di vetro con tappo meccanico: è importantissimo scegliere questo tipo di tappo perché i gas prodotti dalla fermentazione potrebbero far esplodere le bottiglie! Questa tipologia di chiusura, invece, permette la fuoriuscita dei gas.
- imbuto e colino
Procedimento per preparare 1 litro di kombucha:
Prepara un tè abbastanza concentrato (circa 3 cucchiaini o 2 bustine di tè per 250 ml di acqua). Aggiungi lo zucchero e scioglilo accuratamente.
Aggiungi poi acqua fredda fino ad arrivare a 1 litro di liquido in totale.
Quando è completamente raffreddato, mettilo nel vaso di vetro con lo SCOBY e mezzo bicchiere di kombucha vecchia.
Lascia coperto con un panno o carta da cucina per 8 o 9 giorni. Trascorso questo tempo, togli lo SCOBY, filtra il liquido e imbottiglia.
Lascia fermentare in bottiglia per 1 altro giorno a temperatura ambiente, dopo di che potrai conservare la kombucha in frigo e berla. Puoi conservarla in frigo fino a 1 mese.
Lo SCOBY si conserva invece immerso nel suo liquido, a temperatura ambiente, fino a 6 mesi.
Mi occupo di cibo da oltre dieci anni, e per lavoro semplifico la vita in cucina a chi, come me, ama mangiare e stare bene. Sono sono una cuoca diplomata alla Joia Academy – la più importante scuola di cucina vegetariana in Italia – e una Professional Organizer: aiuto le persone a cucinare cose buone e che fanno bene, colorate e allegre, per la vita di tutti i giorni, senza dover trascorrere ore ai fornelli e riscoprendo la felicità di nutrire sé stessi e gli altri. Pratico con passione la cucina naturale, quella cioè che rispetta le persone, l’ambiente e le culture. Fuori dalla cucina, racconto i luoghi e le persone del cibo con le parole, e attraverso esperienze ed eventi.
Sono la mamma di Adele e di Clara.